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Diritto d'Autore, Beneficenza e Morgan (ha ragione)

Siamo un popolo di Santi, poeti, navigatori e benefattori, oppure no.


Siamo soliti ascoltare commenti del tipo "noi italiani siamo brava gente", "gli italiani sono solidali e fanno molta beneficenza", eppure non è vero, secondo classifica del World Giving Index, l’indice di generosità mondiale elaborato ogni anno dall’americana Charities Aid Foundation, l'Italia è all'84° posto su 139 paesi.



Ma quando c'è da fare beneficenza ecco che partono, in Italia,  eventi, sagre, spettacoli teatrali, concerti, tutti eventi per i quali si paga la comunicazione, la stampa di locandine, la stampa di volantini, si "paga" il ragazzetto che va a fare volantinaggio, si acquistano le salamelle, il pane e la porchetta da rivendere per beneficenza, si paga il palcoscenico, il service per le luci, i microfoni, le casse acustiche, al comune si paga l'occupazione del suolo pubblico, le location, spesso i teatri, si paga la sicurezza, le ambulanze, il piano antincendio, si paga la corrente, il gas per riscaldare i locali, la birra, si paga pure la società che deve stampare i biglietti per l'evento di beneficenza, insomma si paga - giustamente - tutto o quasi; perchè quando arriva il momento di pagare l'artista che deve esibirsi, ovvero il fulcro dell'attrazione per la serata di beneficenza esso, mosso da ragioni emotive, solidaristiche o spesso costretto da esse, deve esibirsi gratuitamente, per beneficenza e ancora più spesso per opinione comune non bisognerebbe pagare i diritti degli autori, ovvero provvedere al pagamento per il tramite della SIAE. Ovvero in Italia si ritiene di pagare la salamella al macellaio anzichè riconoscere il diritto di ricevere un compenso per il lavoro intellettuale svolto. Purtroppo però, per esempio, quando si esibisce un cantante in voga mai o quasi mai egli è l'unico autore delle canoni utilizzate per la serata di beneficenza, spesso gli autori dietro un brano sono molti, la maggior parte vive solo di quello (niente sponsor, niente serate da frontmen, niente di niente) e vivono della loro poesia, del loro intelletto, della loro esperienza di vita e sottrargli quegli spiccioli (che nel complesso sono soldi) non permetterà loro di vivere e continuare a creare - e questo concetto, benchè possa sembrare esagerato o romantico, è quanto mai vero e pratico.



In sostanza si preferisce pagare più per la CocaCola che per un'artista, italiano.



Se questo non vi sembra un paradosso pensate che in italia con la scorsa legislatura è passata una norma in difesa degli autori giovani. Funziona, per farla breve, così: se sei un giovane autore sotto i 35 anni che si esibisce in un locale sotto i 100 posti allora il locale o in generale l'organizzatore può richiedere di pagare meno diritto d'autore. Cioè, della serie, "insomma dobbiamo aiutare i giovani autori, bene, se si esibiscono diamogli meno soldi di diritti d'autore" come se il diritto d'autore fosse una malattia da debellare per far vivere il giovane autore, senza considerare invece che è linfa vitale.


"prevedere forme di riduzione o di esenzione dalla corresponsione dei diritti d'autore riconosciute a organizzatori di spettacoli dal vivo con meno di 100 partecipanti, ovvero con giovani esordienti titolari di diritti d'autore, nonché in caso di eventi o ricorrenze particolari individuati con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, garantendo che, in tali ipotesi, la Società italiana degli autori ed editori remuneri in forma compensativa i titolari dei diritti"

questo è il testo (punto "L") dell'Art. 14-sexies (Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e ...) approvato il 21/04/2016 alla Camera dei Deputati.

Un insulto all'intelligenza, uno schiaffo a tutti i creativi di qualsiasi settore e al concetto di diritto del lavoro.
La solita "teoria" all'italiana che fa rabbrividire tutta Europa. Si, perché in nessuno stato membro è previsto un sopruso al diritto del lavoro intellettuale come si rischierebbe di inserire nella legislazione italiana in quelle poche righe. In tutta Europa, anche per manifestazioni di beneficenza o senza scopo di lucro, viene riconosciuto il diritto del lavoro intellettuale e nella maggior parte dei casi addirittura con tariffe più' alte rispetto a quelle applicate oggi in Italia che rasentano l'elemosina (a partire da 10,00€), importi trasparenti pubblicati sul sito dell'Ente; cifre (assai più alte) che la quasi totalità delle società di collecting europee non rendono pubbliche.

Per non parlare poi della evocata esenzione, fortunatamente non realizzata ma di cui per troppo tempo politici e fantomatici addetti ai lavori ci si sono riempiti la bocca creando un'assurdo cortocircuito di concetti, per eventi con meno di 100 presenze. Sarebbe come autorizzare chiunque a non pagare al ristorante se sono presenti meno di 100 persone, oppure imporre  alla CocaCola di regalare le proprie bibite in caso di serate con meno di 100 presenze o di beneficenza e non pagare dipendenti in società con meno di 100 clienti.

E' tutto ancora più assurdo se pensiamo che già esistono esenzioni e riduzioni per il pagamento nell'art.15bis della legge sul diritto d'autore, nonché un sistema di accordi, sconti e di abbuoni, virtuosi ed efficaci, norme non previste negli altri stati membri.

Dunque secondo molti (troppi) le realtà che operano un evento "senza scopo di lucro" (dietro il quale si nasconde troppo spesso un mondo lugubre e talvolta dannoso per le realtà commerciali) o sotto le 100 presenze non debbano corrispondere nulla che rientri nel diritto privato e del lavoro, non debbano più' corrispondere nulla ai fornitori, né bollette, né tarsu, né occupazione del suolo pubblico, né artisti, né la sicurezza, né i service del palco, delle luci, né i fornitori delle cucine, del gas, dei volantini, dei manifesti, le affissioni, le bibite, le salamelle, le certificazioni per la sicurezza, né le tenso-strutture, né i teatri che affittano, le ville che affittano, gli auditorium,  per poi accorgerci che sono tanti gli attori che vengono pagati, a cui viene riconosciuto il diritto al compenso per il lavoro nella realizzazione di un evento ma l'autore, il creativo, "l'ingegno" no, non va riconosciuto. Ma la beneficenza non si fa con risorse proprie?

Infine, negli ultimi anni la Siae si è impegnata ad agevolare in maniera consistente ed innovativa giovani e start-up, mentre il testo di cui sopra fa si che ai giovani esordienti non gli venga riconosciuto alcun diritto. Forse è il caso di dare più spazio nelle leggi a chi si occupa da sempre di questi argomenti?


Morgan, in un audio diffuso qualche giorno a la mette così:


"[...] l’artista troppo spesso va in scena senza essere pagato, anche se sa che è ingiusto però lo fa, perché? Eh per beneficenza…lo costringono per beneficenza, per beneficenza, perché? L’acqua e il vino per la serata di beneficenza li hanno regalati al supermarket? La corrente per esempio o il gas per riscaldare il locale per la serata di beneficenza te li regalano? L’ENEL te lo regala perché è beneficenza? E per esempio la WiFi per fare la comunicazione sulla serata di beneficenza è stato gratuito per promuovere l’evento di beneficenza? NO! E allora perché il centro dell’attrazione, il motivo per cui le persone vengono a vedere lo spettacolo deve venire GRATIS? Per beneficenza? E poi come glielo racconta ai suoi figli che non può mantenerli perché ha fatto beneficenza? Quei bambini se potessero parlare direbbero a quel padre “scusa papà ma sei scemo?” e lui risponderebbe “no, io sono molto intelligente, sono anche un bravissimo cantante, so suonare gli strumenti e sono anche divertente e tutti vogliono le foto con me e tutti vogliono i miei spettacoli e i telegiornali mi chiedono cosa penso su tutti gli argomenti, perché interessa la mia opinione, perché la mia opinione è originale e loro ci fanno delle bellissime figure a pubblicare le mie parole o mettere le mie canzoni in apertura dei loro servizi ” – “e allora perché non ti pagano? Perché è beneficenza?” [...]"

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